Con tre opere site-specific appositamente pensate e realizzate per questa occasione, Riccardo Benassi (Cremona, 1982), Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) e Binta Diaw (Milano, 1995) sono i protagonisti della mostra della quarta edizione del Maxxi Bvlgari Prize, il progetto che unisce ormai da tempo Maxxi e Bulgari, insieme per sostenere e promuovere i giovani artisti in Italia e nel mondo.
A cura di Giulia Ferracci e allestita nella sala Gian Ferrari del Museo, la mostra apre al pubblico il 25 ottobre per poi concludersi nel 2025 con l’annuncio del vincitore e l’acquisizione della sua opera, che entra così a far parte della Collezione permanente del Maxxi. Assenzahah Essenzahah di Riccardo Benassi (Cremona, 1982), presenta Lunatico e Solange, due cani robotici che nel montacarichi del museo eseguono alcune coreografie ponendo l’attenzione sull’impatto delle nuove tecnologie nella nostra vita. Juroom ñaar di Binta Diaw (Milano, 1995) presenta sette colonne di carbone che simboleggiano le sette donne del villaggio senegalese di Nder, che nel 1819 si diedero fuoco per non cadere nelle mani dei Mori. Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X di Monia Ben Hamouda (Milano, 1991), sono dieci pannelli di ferro incisi con il laser in disegni ispirati alla calligrafia islamica.
Grande novità di questa quarta edizione del Premio è il Maxxi Bvlgari Prize for Digital Art, che ha assegnato la menzione speciale per il miglior progetto digitale a Roberto Fassone. Il 17 gennaio 2025 sarò annunciato il vincitore.
“È per Bvlgari un onore – ha commentato Jean-Christophe Babin, ceo di Bulgari – essere arrivati alla quarta edizione del Maxxi Bvlgari Prize. C’è un filo sottile che collega l’arte alla gioielleria, ed è la creatività. Una forza che sottintende la necessità di generare emozioni attraverso linguaggi inediti e sorprendenti. Il valore dell’arte è un patrimonio globale da tutelare nel presente e per le generazioni a venire”.
“Il MAXXI Bvlgari Prize è un prezioso appuntamento della stagione espositiva 2024 del MAXXI – ha detto Emanuela Bruni, consigliera reggente della Fondazione Maxxi – nel segno di una prestigiosa collaborazione, che ci consente di indagare le nuove direzioni dell’arte contemporanea a partire dal talento dei giovani, il motore della creatività e dell’innovazione della nostra società”.
LE BIOGRAFIE DEI TRE FINALISTI
MONIA BEN HAMOUDA. Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) vive e lavora tra Milano e al-Qayrawān. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si è diplomata in scultura nel 2014. La sua pratica artistica riflette la complessità della propria identità interculturale . A partire dalle sue origini italo-tunisine e dal sincretismo di culture differenti, Ben Hamouda affronta e ridefinisce orizzonti e canoni estetici consolidati . Attraverso una dinamica di costante contaminazione e risignificazione, esplora temi quali l’appartenenza e l’identità, l’eredità generazionale e la violenza intrinseca dei processi migratori, religiosi e geopolitici, i confini e i riposizionamenti linguistici. L’interesse dell’artista per l’aniconismo, derivante dall’eredità della cultura musulmana, è arricchito dalla passione per la calligrafia araba mutuata dal padre calligrafo islamico. Nelle sue opere la riflessione sull’aniconismo si traduce in forme calligrafiche, tramite l’utilizzo di silhouette di ferro e acciaio tagliate a laser. Allo stesso tempo, il gesto di lanciare spezie profumate – presente in alcuni suoi lavori – evoca un rito personale che trae origine dalla cultura della famiglia paterna. Ben Hamouda rivela così l’urgenza di esprimere in senso figurativo la propria cultura d’origine costruendo visioni fluide che riflettono gli intrecci identitari della sua biografia.
I suoi lavori sono stati esposti in mostre personali e collettive, tra le più recenti: MUSEION, Bolzano (2024); Latvian Center of Contemporary Art, Riga (2024); MUDEC Museo delle Culture, Milano (2024); Istituto Svizzero, Milano (2024); Kunsthalle Wien, Vienna (2023); FRAC Bretagne, Rennes (2023); MACRO, Roma (2023); La Casa Encendida, Madrid (2023); Kunsthalle Mainz, Mainz (2023); Ar/Ge Kunst, Bolzano (2023) ChertLüdde, Berlino(2022).
Ha vinto numerosi premi, tra cui il Vordemberge-Gildewart Foundation Grant (2024), il Pollock-Krasner Foundation Grant (2022), l’Italian Council for Contemporary Art (2023), l’Art Business Accelerator Grant (2020) il Ducato Contemporary Art Prize (Premio speciale, 2021) e il Torino Social Impact Art Award nell’ambito di Artissima (2021); è stata inoltre finalista del Premio Gamec VI (2022). Il suo lavoro è presente in diverse collezioni pubbliche, incluse quelle di Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; FRAC Bretagne, Rennes; MACRO, Roma; MAXXI, Roma; FRAC Corsica, Corse.
RICCARDO BENASSI. Riccardo Benassi (Cremona, 1982) vive e lavora tra Bergamo e Berlino. Dopo la laurea nel 2005 al DAMS Alma Mater Studiorum di Bologna con Renato Barilli, ha proseguito gli studi sotto la guida di Jimmie Durham seguendo il corso di visual art della fondazione Antonio Ratti. Insegna Sound Design al Politecnico delle Arti di Bergamo dal 2013, allo IUAV di Venezia dal 2022 ed è docente ospite di Visual Arts and Curatorial Studies alla NABA di Milano dal 2019. La ricerca artistica di Benassi muove dalle “sottoculture” rave, cyberpunk e industrial degli anni Novanta, situandosi all’intersezione post-internet di corpo, linguaggio, architettura e new media. Centrale resta la riflessione sulla radicale alterazione delle relazioni sociali, ambientali e politiche da parte delle nuove tecnologie, nonché sul modo in cui queste alterano la produzione e il consumo culturale. Nelle sue opere, installazioni site-specific, video-essay e performance, Benassi si interroga sulla sovrapposizione tra vita online e offline, sul rapporto tra tecnologia e natura, archivio digitale e memoria umana, social network e relazioni affettive, aprendo prospettive inedite su come immaginare le nostre “tecno-esistenze”.
I suoi lavori sono stati esposti nei musei sia in Italia che all’estero, tra i quali: Palazzo Grassi / Punta della Dogana, Venezia (2023); Fondazione ICA, Milano (2023); MAXXI, L’Aquila (2022); GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino (2022); Ar/Ge Kunst, Bolzano (2022); Macro, Roma (2022); Biennale de l’Image en Mouvement, Ginevra (2021); MoCA Taipei, Taiwan (2021); Museion, Bolzano (2020); ZKM| Zentrum für Kunst und Medien, Karlsruhe (2020); Centre d’Art Contemporain Genève (2019); Fondazione ICA, Milano (2019); Galleria ZERO…, Milano (2019); Künstlerhaus Bethanien, Berlino (2016).
BINTA DIAW. Binta Diaw (Milano, 1995) vive e lavora tra Milano e Dakar. Si è formata all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si è diplomata in scultura, e all’Ecole d’art et de design de Grenoble-Valence. Partendo dalla propria vicenda biografica Diaw, di origini italo-senegalesi, interroga la percezione del corpo femminile nero nell’immaginario della cultura italiana, mettendo in relazione il trauma onnipresente delle migrazioni con quello del passato coloniale. L’artista recupera così storie e memorie intergenerazionali delle comunità diasporiche africane, per sottrarle all’oblio e all’invisibilità delle politiche occidentali. Diaw pone l’accento sull’importanza di rivendicare una genealogia femminile, non solo all’interno della cultura senegalese ma estendendo la riflessione a livello globale. Con le sue opere l’artista intende produrre saperi e contro-narrazioni in grado di opporsi alle narrative patriarcali.
I suoi lavori sono stati esposti da importanti istituzioni pubbliche e private tra cui: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (2020), Museo del Novecento, Firenze (2021), ChertLüdde, Berlino (2022), Galerie Cécile Fakhoury, Dakar (2022), Centrale Fies, Dro (2022), Istituto Italiano di Cultura de Paris (2022), Museo Madre, Napoli (2022), Kunsthall Trondheim, Oslo (2023), Museion, Bolzano (2024), Fondazione Trussardi (2024). Ha vinto numerosi premi, tra i quali il Premio PART-Rimini (2022) e il Prix Pujade-Laurraine (2022) oltre ad aver partecipato alla dodicesima Berlin Biennale for Contempory Art (2022); alla tredicesima Biennale Africaine de la Photographie (2022) e alla dodicesima Liverpool Biennial (2023).
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